mercoledì 25 febbraio 2015

Storia della Filosofia occidentale, Ep.3 - Abramo: figlio della cabala, padre di molti

Secondo il mito, Abramo, in ebraico Avràm (אַבְרָהָם), era un Sumero che nacque appunto in Mesopotamia, presumibilmente a Ur attorno al 2000 a.C. Un giorno, una serie di individui di quantità indefinita che l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam identificano come un unico Dio, lo chiamarono spingendolo fuori dalla sua regione alla volta della terra di Canaan, territorio che al giorno d'oggi si può identificare nell'attuale Palestina. Da qui, secondo gli ebrei, Dio scelse quello che diverrà il suo futuro popolo. In quanto il nome di Abramo, poi ribattezzato dal Signore stesso Abrahamo, che significa "padre di molti", ha nella radice la parola "Ivri" che significa "colui che proviene da oltre il fiume", con chiaro riferimento all'Eufrate. "Ivri" a sua volta è una sorta di complemento oggetto coniato da Abramo per indicare che egli proveniva dalla terra dove visse Eber, personaggio antidiluviano, figlio di Sela che sua volta fu figlio di Arfacsàd, che a sua volta fu figlio di Sem, primogenito di Noè. Da Eber deriva il termine ebreo, il quale si rifà alla parola semitica "Evèr" che significa "colui che attraversa"; riferente al fatto che quello ebraico fosse un popolo nomade.


Vi sono diversi rabbini, quindi maestri dell'ebraismo, che mettono in dubbio l'esistenza storica di Abramo, ma questo a noi non importa. Perché quanto lasciato da questo personaggio, per quel che ci riguarda, è indifferente che sia stato scritto da Abramo, piuttosto che da Giuseppino.

Oltre che sotto l'aspetto puramente patriottico attraverso l'acquisizione del titolo di primo patriarca, Abramo, è ritenuto dal cabalisti colui che raggiunse il massimo e più puro livello di conoscenze sulla cabala (vedremo in futuro in modo dettagliato cosa sia la cabala o kabbalah). Quindi sulla vita e il suo senso.

Il libro cabalistico più celebre e importante attribuito ad Abramo e lo "Sefèr yè'zirà"; trattato ricco di disegni diviso in vari capitoli chiamati "mishnàim", che scrive di come l'uomo si realizzi aldilà del tempo e dello spazio attraverso quella che è la figura divina, ovvero l'anima, che si incarna al fine di comprendere il significato completo dell'esistenza nascendo e quindi morendo. Perché completo? perché l'anima non avendo tempo e spazio, ed essendo così immortale, non è in grado di comprendere l'effimero. Sceglie così di incarnarsi nel corpo, ma facendolo, dimentica la sua vera natura. La cabala, attraverso il suo studio, permette di capire questa natura acquisendo così la Consapevolezza. In sostanza è né più né meno di quando affermava il Buddha Siddharta, con quello che egli chiamava "velo di Maya", che poi vedremo.

Molto di quanto scritto nello "Sefèr yè'zirà"è ispirato da un libro molto più vecchio rispetto al tempo di Abramo che i cabalisti attribuiscono al primo uomo nonché primo cabalista che per loro fu Adàm HaRishòn, ossia "il terrestre Rishòn", oppure semplicemente "Ish"; quindi Adamo. Questo libro è chiamato "Razièl malàch" ovvero "l'angelo Razièl" e spiega in sostanza le medesime cose.
"Raziel malach" ha dunque ispirato Abramo prima a comprendere poi a divulgare il suo studio nello "Sefèer yè'zirà", il quale libro è considerato la fonte della kabbalah moderna. Infatti il libro di Abrahamo ha ispirato a sua volta quello che è considerato il più importante testo della tradizione di questa dottrina esoterica; ovvero, il Libro dello Zohar (in ebraico "Sefèr HaZohar"), attribuibile all'inzio del XII secolo d.C., centro degli studi di Isaac Luria (1534-1572), conosciuto come "HaAri" o semplicemente "Ari" . Accreditato come il più grande cabalista dell'età moderna.





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