lunedì 23 febbraio 2015

Studio letterale della Bibbia, Ep.4 - La Genesi (secondo capitolo)

Rieccomi amici per una nuova parte; un nuovo inizio che vedrà l'analisi del secondo capitolo della Genesi: parte ricca di spunti, teorie, simbolismo e riflessioni.
Ricapitolando quanto visto nelle precedenti puntate senza addentrarci troppo in dettagli pleonastici: La terra, intesa come materiale fisico, quindi al minuscolo, è informe, vuota e avvolta dall'oscurità, mentre l'oggetto che produce vento di proprietà degli "Elohìm" fluttua sulla superficie dell'acqua. A questo punto, gli "Elohìm" stessi, inizia (non è un errore perché il verbo è al singolare nonostante il soggetto sia plurale) a cambiare il paesaggio dando una forma a due cieli uniti fra loro e alla materia. Quindi per mezzo della sola volontà di questi, spunta improvvisamente la luce che permette così di distinguere il giorno dalla notte. Solo più avanti gli "Elohìm" dà forma ai così chiamati luminari, ovvero il Sole, la Luna e le stelle; che sono, secondo logica, gli unici corpi esistenti in grado di produrre naturalmente luce. In mezzo, "Elohìm" separa con il firmamento due masse d'acqua (abbiamo visto che potrebbe trattarsi: o di un riallaccio al più antico mito Sumero "Enuma Elish", ove secondo questi scritti la Terra, pianeta, sarebbe un frammento di un altro pianeta: Nibìru, staccatosi al termine di una collisione. Le due acque sarebbero dunque le due masse una volta assemblate in un unico pianeta e ora presenti in due diversi corpi celesti divisi dal firmamento. Oppure, in maniera meno mastodontica ma più sorprendente, si tratterebbe dell'operazione di costruzione di una diga attuata da "Elohìm".

Una volta fatto l'ambiente, questi "Elohìm" inizia a sviluppare la vita: vediamo nascere pesci e uccelli, quindi animali domestici, selvatici e rettili (bizzarro che un animale possa nascere addomesticato, in quanto lo stesso termine comporta un intervento strutturale e intelligente esterno. L'unico altro modo sarebbe quello di adattare l'animale appena nato alla realtà domestica, ma, essendo questi gli ipotetici primi esemplari comparsi sul Pianeta, tutto ciò, appare alquanto contraddittorio). Per ultimo, arriva finalmente l'uomo; creato con la parte contenente l'immagine stessa degli "Elohìm" che per la prima volta parlano, vuotando il sacco, palesando la loro pluralità ("facciamo l'uomo..."). Questa "parte che contiene l'immagine" è al giorno d'oggi chiamata DNA.

Termina così il primo capitolo; col sesto giorno che finisce e le creazione finalmente compiutasi secondo il volere degli "Elohìm".



Addentriamoci allora nel secondo capitolo del Libro;

Saltando la prima parte dove Iddio si riposa santificando questo giorno (che gli ebrei riconoscono nel sabato mentre i cristiani nella domenica), andiamo a soffermarci al (v.6), nel quale si spiega come Iddio abbia reso feconda la terra infertile, in quanto, "mai piovette prima di allora". Questo verso, dà grande conferma alla tesi sulla costruzione della diga. Difatti recita:

< (6) Ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo.>

Ora, senza troppe spiegazioni. Sottolineando come questa sia in fondo una teoria che non ha un fondamento etimologico ma sia sola e pura libertà di pensiero; prova a immaginarti del vapore che salendo dalla terra bagna la superficie del suolo. Non ti viene automatico pensare di avere davanti a te, o se non davanti a te nelle vicinanze, una chiusa di una diga che regoli l'afflusso dell'acqua per irrigare i campi? Si apre il portello, e il livello dell'acqua sale...



Andiamo comunque avanti...il verso successivo narra di come Iddio abbia dato la vita all'uomo, dapprima solo essere corporeo. Anche qua possono esserci opinioni contrastanti, ma leggendo bene, si può delineare bene il concetto, anche qui senza dover tradurre dall'ebraico all'italiano. Basta solo leggere nella nostra lingua: vediamo, (v.7):

< (7) Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.>

Dio il Signore, che non è YHWH, come vedremo più avanti (poiché qua il "Signore" viene chiamato "Adonài") forma l'uomo dalla polvere della terra. Partendo dal presupposto che: uno, non si crea nulla ma si dà una forma a qualcosa e due che quel qualcosa da cui proviene l'uomo è un qualcosa che esiste già, ossia "la polvere della terra". Io, ho interpretato la "polvere della terra" come una sorta di frase figurata per indicare ciò che in sostanza contasse ben poco, o comunque di meno. Infatti si dà alla polvere un valore insignificante e disprezzante. Vi do allora la mia teoria: Iddio prese una specie che egli stesso fece, oppure già esistente, e mise nel patrimonio genetico di questa, che era "polvere della terra", la "sua immagine", quindi il suo patrimonio. Infatti, l'uomo dopo questo intervento diviene "un'anima vivente" e non "un essere vivente". Il che è ben diverso, perché avere l'anima comporta avere un qualcosa in più, una spinta in più; difatti la stessa etimologia, che è Greca, attribuisce "vento" oppure "soffio" come suo significato. In sintesi: Dio diede a questa specie la cognizione di esistere trasmettendo in essa, se non tutte, una parte delle sue informazioni genetiche.


Andando avanti inizia la storia dell'Eden. E per questo bisogna fare una premessa prima di incominciare questa parte affascinante: tradurre il termine "Eden" come "paradiso terrestre" oppure come "Paradiso" non è sbagliato. Di più.
Infatti, il nome di questa zona compresa fra i fiumi Pison, Ghion, Tigri ed Eufrate, quindi nell'attuale Iraq e nell'allora Mesopotamia, nell'Antico Testamento è chiamata "Gan Eden", ossia "giardino posto in Eden". Che cos'è l'Eden? è il Sumero "Edìn" che significa a grandi linee "il primo luogo dove giunsero". Il nome fu coniato dal dio Sumero Enlil quando questi, assieme agli altri dei (gli Anunna) giunsero sulla Terra. La parola "Gan" che vuol dire "giardino", oppure "luogo recintato" o ancora "frutteto recintato" corrisponde all'iranico "Pairidaeza". Senofonte, filosofo Greco che vedremo, vissuto fra il V e il IV secolo a.C., prese questo termine per descrivere i celebri giardini pensili di Babilonia, grecizzandolo in "Paradèisos" (παράδεισος) dal quale deriva susseguentemente per chiari motivi storici il "Paradisum" latino che infine si tramuta nell'italiano "Paradiso" inteso, soprattutto a partire dal medioevo, come luogo dell'oltretomba perfetto e angelico. Bene, la Bibbia del Paradiso come noi tutti lo intendiamo non ne parla.


Dunque, gli "Elohìm" piantarono un giardino in Eden facendoci crescere piante e animali di ogni genere (v.9), precedentemente vi "posero" l'uomo (v.8) (verbo che da sempre mi è parso inappropriato e al contempo correttamente esplicito). Vediamo allora di soffermarci assieme sul verso (9) del racconto dell'Eden che troviamo nelle bibbie tradizionali:

< (9) Dio Signore fece spuntare ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della Conoscenza del bene e del male. >

Come prima cosa, leggendo la frase senza filtri, si può abbastanza facilmente carpire che "l'albero della vita in mezzo al giardino" e "l'albero della Conoscenza del bene e del male" sono la stessa cosa. Perché non vi è scritto che "l'albero della vita stava e in mezzo al giardino e quello della Conoscenza del bene e del male da un'altra parte".


Quello dell'Albero della Vita è un concetto davvero antico utilizzato da moltissime culture e civiltà che nel corso delle epoche lo hanno rappresentato in modi diversi. Le raffigurazioni più conosciute sono quella taoista dello "yin" e dello "yang" nell'emblema chiamato Tàijìtu, la Stella di David, presente tra l'altro come simbolo nella bandiera dello Stato d'Israele. Oltre che, sempre in tema di ebraismo, in quanto di questo ci stiamo occupando, attraverso le dieci "Sephiròt" della qabbalah.
Tutte, rappresentano la dualità dell'esistenza: il "maschio" e la "femmina", il "giorno" e la "notte". E tutte insegnano che comprendendo che gli opposti sono in realtà due facce della stessa medaglia formate illusoriamente dalla mente e dal punto di vista dell'osservatore, si può raggiungere la cosiddetta terza via: la vita. Che in questo caso sarebbe ciò che noi chiamiamo anima e che a differenza degli altri due aspetti della coscienza dell'uomo; ovvero la mente e lo spirito, associati rispettivamente all'emisfero sinistro e a quello destro, l'anima, non ha né tempo né spazio. E' dunque un'energia che non ha un inizio o una fine, ma è eterna, dunque è Vita che si incarna. Oppure vite, come vediamo ora e come ho già accennato.


NOTA:
((Se non hai ben compreso cosa centri la Stella di David con tutto questo: basta che anziché considerarla una stella a sei punte considerassi che questo simbolo sono in realtà due triangoli, uno verso l'alto e uno verso il basso. L'unione degli opposti quindi. Uno rappresenta lo yin e l'altro lo yang))



Difatti, nella Tanàkh, "l'albero della Vita" non è chiamato albero della Vita ma albero "DALLE" vite. Vite che sarebbero le esperienze della nascita e della morte che l'anima fa incarnandosi nei corpi.

<Ve'hetz ha'haiim ha'dahath tov ve'rah>: ...C'è scritto

- "Hetz" è "albero", accompagnato da "ve" che in questo caso funge da articolo determinativo maschile singolare. Dunque, in italiano, "l'albero".


- "Haiim", è accompagnato da "Ha" che significa "della", quindi al singolare. Ma come nel caso del primo verso della Genesi ("Bereshìt barà Elohìm") quello che in questo caso è il complemento oggetto è al plurale. Infatti, come potete vedere "Haiim" termina con -im e non con -ah, dunque è plurale, quindi, letteralmente è "l'Albero della Vite" e non si riferisce a un vitigno ma a una pluralità identificata al singolare in quanto la vita del presente, essendo una sola, si manifesta come tale al singolare. Ma l'albero è palesemente "delle" vite.
Quindi troviamo:

- "Dahath", la "Conoscenza",

- "Tov", il "Bene". Significa anche "fermezza", inteso come fermezza e stabilità interiore. E infine:

- "Rah", preceduto dalla solita congiunzione "ve" che da un punto di vista sempre esoterico rappresenta l'unicità e la totalità. "Rah"è l'opposto di "Tov", dunque è il "Male". Il male, oltre che essere valutato nel suo senso assoluto, può essere anche considerato in questo caso come "ciò che non è ancora bene", quindi ciò che non è ancora maturo; metaforicamente parlando il frutto acerbo.



A questo punto, una volta detto all'"Adàm", letteralmente "il terrestre", l'"abitante della Terra", che egli può mangiare tutti i frutti che vuole tranne quello della Conoscenza del bene e del male perché altrimenti morrà (come vedremmo, morrà non è inteso come "morire fisicamente", infatti una volta mangiato il frutto i due non muoiono, ma è inteso come "morire incosciente per rinascere cosciente del proprio potenziale"), il "Signore Iddio" raduna attorno ad Ish, che è il nome di Adamo, tutti gli animali che egli stesso ha creato ma ad Adamo sessualmente non soddisfano. (Lo posso capire dai). Dio vede e dunque provvede.

La parte che segue è la conclusione di questa puntata: sono i versi che vanno dal (21) al (24). Leggiamoli, analizziamoli eppoi ci diamo appuntamento alla prossima puntata:

< (21) Allora il Signore Iddio fece cadere un sonno profondo su Adamo, che si addormentò.  Quindi prese una costola di lui e al posto di essa riformò la carne. (22) E il Signore Iddio dalla costola tolta ad Adamo formò una donna e la condusse ad Adamo. (23) E Adamo esclamò: Ora si che questa è osso delle mie ossa! e carne della mia carne! Sarà chiamata ISHAH, donna, perché da ISH, uomo, è stata tolta. (24) Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e saranno una sola carne. (25) E Adamo e sua moglie erano tutti e due nudi e non ne avevano vergogna.>

Questa è senza dubbio una delle parti più controverse dell'intero insieme di libri. Tutta la controversia è sostanzialmente il frutto di una sbagliata traduzione che vede Eva essere formata da una costola di Adamo. Ebbene, NESSUNA edizione biblica scritta in ebraico parla di costola, bensì, di "parte laterale ricurva". Chiamata "Tselah".
Fatta la premessa, proseguiamo con ordine.
Come prima cosa a me, non so a voi, pare buffo e bislacco che il "Signore Iddio" onnipotente per fare la donna debba indurre in Adamo un sonno profondo affinché gli possa estrarre dal corpo la sua "parte laterale ricurva". Questa operazione già fa capire come forse così onnipotente non lo sia.

La religione e il mito sono le narrazioni del passato e come tali i loro racconti sono scritti in modo non metaforico, come qualcuno vuole far credere dando sfoggio a teorie e relazioni che superano il grottesco, ma in modo archetipico.
Secondo voi, cosa fa il "Signore Iddio" quando induce il sonno in Adamo ed estrae qualcosa dal suo corpo? provate ad andare in un ospedale...troverete la risposta.
Se poi vi dicessi che nel corpo umano, al giorno d'oggi, dalla cresta dell'osso iliaco si asportano le cellule staminali e che questo osso è la parte laterale ricurva che costituisce lo scheletro del bacino? Penso che tutto possa tornare in modo nitido e schiacciante.

Per incrementare ulteriormente quella che è ben più di un'ipotesi, dobbiamo fare un rapido salto in un altro testo considerato sacro dagli ebrei, secondo solo alla Tanàkh: ovvero il Talmùd. Nel "Talmùd" è specificato più volte che a operare Adamo non siano stati gli "Elohìm" ma i "Refaìm", chiamati anche "Rofìm". Attenzione, i "Refaìm" non vanno considerati esseri a parte, in quanto nel racconto si specifica come questi siamo "Elohìm" che in quel caso "svolgono una precisa funzione". Possiamo dunque tradurre "Refaìm" come "medici", "dottori" o ancora meglio "chirurghi". Sebbene l'etimologia non sia mai spiegata ma sia il contesto a farlo intendere.

Ritorniamo nel tema che propone la rubrica congedandomi a voi con una riflessione postulata: quindi, ad Adamo viene applicata un'anestesia che lo fa addormentare, loro gli estraggono questo "Tselah" che guarda caso ha la stessa radice di "Tslèm", allorché si comprende che il riferimento va sempre verso quell'"immagine" trasmessa dal patrimonio. Con lo "tselah" clonano la donna che viene chiamata, Ishah, Eva.
Gli ultimi due versi (24) e (25) sono una sorta di prefazione riguardo a quanto si tratterà nel capitolo successivo, il terzo. Infatti si inizia a comprendere che la possibilità di avere una compagna sessualmente soddisfacente, porterà Adamo ed Eva a sperimentare sulla loro pelle ciò che segue al rapporto sessuale e a distinguere così in senso davvero pratico ciò che è bene e ciò che è male.
Gli "Adàm" a questo punto iniziano ad essere pronti a vivere da soli, senza l'ausilio esterno di Dio. Potranno così come scritto "lasciare il padre e la madre per unirsi in una sola carne" (v.24) incominciando a testare il sesso "senza vergogna"(v.25), salvo poi susseguentemente scoprirla.








  

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