sabato 14 marzo 2015

Studio letterale della Bibbia, Ep. 7 - Genesi (cap.7, 8, 9, 10, 11: il diluvio, i figli di Noè e la Torre di Babele)


Nell'ultimo episodio abbiamo visto gli accoppiamenti fra i figli di "Dio" e le figlie degli uomini. Da queste unioni nacquero gli uomini famosi e di potere dell'antichità (in ebraico "Ghibborim"). Sia prima che dopo, sulla Terra vivevano i giganti (in ebraico "Nephilìm"), la quale radice in lingua giudaica è probabilmente "Nafàl", ovvero "Caduti", "Discesi dal cielo", mentre l'origine etimologica è con molta probabilità aramaica e si rifà alla parola "Nefilà", "Costellazione di Orione".
Terminato l'incesto e quindi la nascita di questi individui per metà umani e per metà "divini", il Signore decide che ne ha abbastanza dell'uomo e dei suoi comportamenti sbagliati, per cui decide di eliminare qualsiasi cosa viva sulla Terra, compresi gli altri animali.
Solo Noè e tutte le persone della sua famiglia vengono risparmiati in quanto considerati giusti; affinché possano sopravvivere al cataclisma per dare successivamente vita a una nuova generazione umana.
Il Signore quindi dà a Noè precise indicazioni su come costruire la sua "Tevàh", ovvero l'imbarcazione che dovrà salvare chi sarà dentro ad essa dal diluvio; abbiamo visto che sarebbe dovute essere lunga 133m, larga 22m e alta 13m e avere un'apertura di 1 cubito, dunque in modo approssimato di 45cm, che desse luce ai tre piani che costituivano la struttura e allo stesso tempo uno sbocco per fare passare l'aria.

Siamo dunque arrivati fino a qua. A questo, punto l'arca è pronta, e come tutti sanno il Signore dice a Noè di portare dentro i suoi famigliari, sette coppie di animali puri di ogni specie, cosicché la vita si possa riformare nel suo complesso, e una coppia di animali impuri per ogni relativa specie. Nell'"Atra Hasis" vi è scritto che Ziusudra, in questo caso, non portò gli animali nell'arca, bensì i semi degli animali. Comunque: entrano tutti e dopo sette giorni avviene ciò che il Signore aveva detto: partiamo allora da qui; (v11.), del (7) capitolo.



<(11) Era l'anno secentesimo della vita di Noè, ai diciassette del secondo mese: in quel giorno tutte le fonti del grande abisso irruppero e le cataratte del cielo si aprirono,>        


Ecco che ritorna in auge quella che era la "vecchia" teoria della diga: come possiamo leggere, infatti, l'acqua non proviene dal cielo o dalle nuvole ma "dalle fonti del grande abisso che irruppero" facendo aprire le cataratte del cielo le quali iniziarono a buttare giù acqua. E allora possibile? Proviamo a immaginare la scena: la diga si apre, e l'acqua inizia a uscire inondando le zone asciutte, finché l'acqua che stava "sopra al firmamento" non si mischia a quella che "stava sotto", spazzando via tutto ciò che di vivente esisteva.

A questo proposito gli archeologi hanno trovato una spessa e densa stratificazione limosa di circa 3 metri disposta in prossimità dell'antica Shuruppak, città nella quale regnò proprio colui che nell'"Atra Hasis" è chiamato Ziusudra, nella Bibbia Noè e nell'Epopea di Gilgamesh Utnapishtim.
Ma quella della diga è solo una spiegazione scientifica, vediamo le altre, tralasciando per un attimo il fatto che il mito sia raccontato praticamente da tutte le antiche culture del mondo. Senza uscire di tema, secondo molti, grandi quantità di acqua inondarono la Mezzaluna Fertile in modo più o meno capillare attorno all'ultima glaciazione, quindi verso il 10 000 a.C. Secondo altri, in prossimità del 6000 a.C., residui di ghiaccio si sciolsero facendo aumentare il livello del Mediterraneo, che, straripando oltre lo stretto del Bosforo, inondò il Mar Nero. Questa grande quantità d'acqua avrebbe in un primo momento "bagnato l'abisso" e con la successiva evaporazione, provocato un diluvio regionale. Un'ultima ipotesi è quella della plausibile caduta di un meteorite di piccole dimensioni a sud della Mesopotamia, nell'Oceano Indiano, dove ora si trova il lago Umm alBinni. Ciò spiegherebbe i riferimenti catastrofici che troviamo nell'Epopea di Gilgamesh (la quale tratteremo in futuro). Il fatto sarebbe accaduto fra il 3000-2700 a.C. Proprio il periodo nel quale s'iniziano ad avere le prime documentazioni scritte dei Sumeri come popolo sedentario. Torniamo ad ogni modo alla vicenda biblica...



Piove incessantemente per quaranta giorni e i residui dell'acqua sommergono la terra per altri centocinquanta giorni  arenando l'imbarcazione sulle montagne dell'Araràt. A questo punto, capitolo 8:

<(1) Iddio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell'arca; fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono; (2) le fonti dell'abisso e le cataratte del cielo furono chiuse e cessò la pioggia dal cielo.>

Iddio si ricorda di Noè (un dio premuroso e sempre sul pezzo - oserei scrivere) e decide di far cessare il diluvio. Fa passare un vento, ovvero il già trattato e discusso "Ruàch", affinché la fonte dell'abisso e le cataratte del cielo smettano di mandare pioggia, che, qua è esplicitamente indicata giungere dal cielo. Dunque ci sono due fonti dalle quali parte l'inondazione; una è l'abisso, che abbiamo visto poco fa ed è la prima, dunque la cataratte del cielo, quindi, una naturale pioggia torrenziale. (forse è l'acqua che era evaporata dall'inondazione "terrena"? chissà...).


Noè contando i giorni si prepara ad uscire; fa volare dallo "Tsoàr", quell'apertura superiore di un cubito, prima un corvo eppoi una colomba. Questi non trovando terra su cui posarsi ritornano nell'arca. Dopo sette giorni fa uscire nuovamente la colomba che torna verso sera portando nel becco una foglia d'ulivo. Segno che la terra è ormai quasi tutta asciutta. Altri sette giorni e fa volare nuovamente fuori la colomba, la quale, questa volta non torna più. Noè, assieme a sua moglie, i figli; Sem, Cam, Jafet, accompagnati dalle rispettive mogli e tutti gli animali esce così dall'arca.
Appena posto piede sulla terra prende ogni specie di animale puro e la offre in olocausto al Signore (quindi sgozzando e bruciando interamente il corpo ormai completamente dissanguato). Il quale, giunge alla presenza del vecchio e odora quel soave "Reah Nichòach", letteralmente "odore tranquillizzante, lenitivo" di grasso che brucia. Dicendo così testuali parole; ultimi due versetti dell'8 capitolo:


<(21) ...Io non maledirò più la Terra a causa dell'uomo, poiché i pensieri del cuore umano sono malvagi fino dalla sua fanciullezza; non colpirò più ogni cosa vivente, come ho fatto. (22) Fintantoché la Terra durerà, sementa e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte mai più cesseranno.>



Il Signore e Noè stringono così un patto. Versi (9 e 12), capitolo 9:

<(9) Ecco Io stabilirò il mio patto con voi e la vostra progenie, che verrà dopo di voi... (12) ...Questo sarà il segno del patto che Io fo fra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi>

E' evidente il fatto che il Signore parlando a Noè non consegna ad egli le chiavi patriarcali sulla progettazione della futura umanità, ma solo di una determinata generazione che discenderà appunto da Noè e dai suoi figli. Si parla infatti della "vostra progenie che verrà dopo di voi". Il Signore decide così di fare un patto con una determinata discendenza di sangue che parte da Noè, continuerà con suo figlio Sem, quindi tramite Arfaxàd, Sela, Pèleg, Rèu e Nahòr si giungerà a Terach, padre di Abramo, a sua volta padre Isacco e nonno di Giacobbe; padre dei dodici figli capi delle dodici tribù che porteranno il suo il nome del suo alter ego, ovvero Israele. Questa linea si trova nella prima volta nel 5 capitolo ed è la seguente:

   
- Adamo, capostipite della cerchia, non dell'uomo. Formato da Dio: visse 930 anni (0-930)
- Set, terzo figlio di Adamo: visse 912 anni (130-1024).
- Enos: visse 905 anni. (235-1440). Dalla sua nascita, come dice la Bibbia, si inizia ad invocare il nome di YHWH.
- Kènan: 910 anni (325-1235).
- Malaleèl: 895 anni (395-1290).
- Iared: visse per 962 anni. (460-1422).
- Enoch: la Bibbia dice che a un certo punto Dio lo prese con sé nel cielo (vedremo alcuni passi che raccontano solo la sua vita). All'epoca aveva 365 anni (622-987...?)
- Matusalemme: con i suoi 969 anni di vita (687-1656) è a tutti gli effetti il più vecchio fra questi. Da qui nasce il famoso modo di dire "è un Matusalemme"...
- Làmech: 777 anni (874-1651)
- Noè: 950 anni (1056-2006).



Sebbene dalla nascita di Adamo utilizziamo l'anno 0, sappiate che è per indicare singolarmente questa discendenza; giacché prima che Adamo ed Eva furono cacciati dal giardino posto in Eden, sulla Terra vivevano già gli uomini. Non si potrebbe spiegare altrimenti come il terzo uomo, Caino, potesse andare ad abitare in una città, Nod, unendosi con una donna e generando Enoch (non Enoch figlio di Iared).

Prima di terminare la storia di Noè, esco un po' fuori pista raccontandovi una parte del Libro di Enoch, davvero molto interessante. Riprenderemo alcune volte questo libro, considerato biblico e quindi idoneo dai cristiani della Chiesa copta. La storia racconta della gestazione di Noè narrata da Enoch, trisavolo del nascituro:

<Il suo corpo era bianco come la neve...e i capelli candidi come la lana. Quando aprì gli occhi, essi erano chiari, celesti, e illuminarono tutta la casa come il Sole... 
Suo padre, Làmech, si spaventò e scappò via: corse da suo padre Matusalemme e gli disse: Mi è nato un bambino strano, diverso da un figlio di uomo e non simile a nessuno; assomiglia ai figli del Signore del cielo! La sua natura è diversa, e non è come noi...sembra che non sia veramente figlio mio, ma degli Elohìm, e per questo ho paura che sulla Terra stia per accadere una catastrofe!>

A questo punto, scosso ed angosciato, in quanto i popoli della Mesopotamia erano tutti di carnagione scura; tant'è che i Sumeri stessi si definivano "SAG-GIGA", ossia "gente" o "popolo dalla testa nera" (come se dovessero differenziarsi dai "popoli della testa bianca"?) Matusalemme, si reca a sua volta dal padre, Enoch, che si trova dall'altra parte del mondo. (Bellissimo, direi, lo spunto sulla concezione geografica del Pianeta). Chiede quindi spiegazioni ed egli che si trova alla corte di questi individui gli risponde:

< Il Signore farà una cosa nuova sulla Terra; ho avuto una visione e ti faccio sapere che nella generazione di mio padre ( - quindi di Iared -) alcuni angeli del cielo trasgredirono la parola del Signore. E, ascolta, commisero peccato e trasgredirono la Legge. Si unirono alle donne e peccarono con loro, ne presero alcune come mogli ed ebbero figli da loro. Ed essi faranno nascere sulla Terra giganti non secondo lo spirito ma secondo la carne, e ci sarà una grande punizione sulla Terra: la Terra verrà ripulita di tutte le impurità. Sì: verrà una grande distruzione su tutta la Terra e ci sarà un diluvio e una grande catastrofe per un anno. Questo figlio che a te è nato sarà risparmiato, e i suoi figli assieme a lui, mentre tutti gli uomini della Terra moriranno.> 



I giganti dunque, secondo il Libro di Enoch, sono il frutto di una seconda generazione. Non sono quindi i figli dei figli degli "Elohìm" e delle figlie degli uomini; bensì i figli di questi figli, che la Bibbia chiama "Ghibborìm". Questi giganti, sono tali solo fisicamente e non geneticamente, quindi in spirito. Nelle loro vene scorre qualcosa di impuro e per questo vanno eliminati. Un'altra realtà intrigante che ne esce è che se prendiamo il testo "sia prima che dopo - gli accoppiamenti -, sulla Terra vivevano i giganti". Deduciamo che l'operazione di incesto descritta nella Bibbia non fu la prima, in quanto se prima di questa già c'erano i giganti, vuol dire che ve ne furono altre precedenti e persino posteriori che i Testi Sacri non riportano. Ma che riporta il Libro di Enoch, nel quale vi è scritto che "questi angeli disobbedirono al Signore". Mentre nella Genesi si dice che fu proprio il Signore a volere queste unioni.



Un altro punto di vista interessante e inerente all'argomento lo troviamo in uno dei libri rinvenuti a Qumràn, nel Mar Morto. Questi è il Libro dei Giganti e racconta i momenti precedenti al diluvio letti dal punto di vista dei giganti. In particolare c'è n'è uno che si chiama Màhway, il quale ha una visione del diluvio. Spaventato corre dai compagni, tra i quali troviamo curiosamente Gilgamesh, per avvisarli. Dopo una lunga riunione, Mahway si reca di persona da Enoch, il quale spiega al titano ciò che attenderà alla sua stirpe.


Proseguiamo allora l'analisi della Genesi. Il Signore si allontana da Noè, il quale successivamente pianta una vigna, produce del vino col quale si ubriaca e giace nudo addormentato. Uno dei figli; Cam, entrando nella tenda del padre lo vede nudo e chiama gli altri due fratelli i quali però, per non disobbedire al Signore vedendo le nudità del padre, entrano camminando a ritroso e coprono il padre con un indumento. Quando Noè si sveglia e si riprende dall'ubriacatura, scopre che Cam lo ha visto nudo e lo maledice. Finita questa scena, termina il nono capitolo del "Bereshìt".

Il penultimo capitolo che trattiamo oggi è il 10. Paragrafo nel quale si elenca tutta la discendenza dei figli di Jàfet, Cam e Sem. Vediamola!


- Jàfet ha sette figli: Gòmer, Magòg, Madài, Javan, Tùbal, Mosoc e Tiras. Quegli che la Bibbia cita proseguendo l'albero genealogico sono Gomer e Javan.

Gomer ha tre figli: Askenaz, Rifat e Togorma.

Javan, quattro: Elisa, Tarsis, Chittei e Rodanìm,


Tutti questi, dice la Bibbia, si sparsero per le isole. Non è specificato quali isole, ma è molto probabile che si tratti dell'arcipelago greco.


- Cam ebbe quattro figli: Cush, Misraim, Put e Canaan.

Cush genera: Seba, Evilàh, Sabta, Sabtega, Ramga e Nemrod, fondatore del regno di Babele e della città di Nìnive. Da questi nascerà il popolo Etiope.

Misraim: non vengono specificati i nomi dei figli, ma viene scritto che fu il padre di diverse tribù, come: i Luditi, Anamiti, Lahabiti, Nefthuiti, Patrusiti, Caftoriti e i Casluhiti, dai quali nacquero i Filistei. Le altre genti, invece si insediarono in Egitto.

I figli di Put andarono ad abitare nel cuore dell'Africa.

Mentre quegli di Canaan, come suggerisce il nome, furono i Cananei.



- Sem, primogenito, ebbe cinque figli: Elam, Assur, Aram, Lùd e Arfaxàd.

Quello che interessa a noi è Arfaxad. Perché, come ho accennato precedentemente, questa è la linea di sangue che porta ad Abramo. Infatti Arfaxad generò Salah, il quale generò Eber. La Genesi dice che Eber ebbe due figli: Jòctan e Pèleg.

Joctan ebbe tredici figli: Almodàd, Salèf, Asarmot, Jare, Aduram, Uzal, Dickla Obal, Adimael, Ofir, Evilàh, Jòbab e Saba.

Pèleg, invece generò Reu. Questi ebbe come figlio Nahòr, padre di Terach: a sua volta padre di Abramo, Nacòr e Aràn.



Conclusa quest'analisi genealogica, importante anche prossimamente, accingiamoci a trattare l'ultimo capitolo di questo episodio, l'undecimo.
Tutte queste persone che abbiamo elencato, logicamente si unirono e fecero molti figli. Tutti questi in un primo momento parlavano la stessa lingua, e usavano persino il medesimo accento. Dunque erano una grande famiglia a tutti gli effetti. A un dato momento, però, qualcosa cambia. Vediamo; (dal v.2-9) capitolo 11:


<(2) Ora avvenne che emigrando dall'oriente trovarono una pianura nella regione di Sennaar e vi abitarono. (3) E dissero gli uni agli altri: Su, fabbrichiamo dei mattoni e cociamoli al fuoco. E si servirono di mattoni invece di pietre, e di bitume invece di calce. (4) E dissero: Orsù, costruiamoci una città e una torre con la cima al cielo. Fabbrichiamoci così un segnacolo della nostra unione, altrimenti saremo dispersi sulla faccia della terra. (5) Ma il Signore scese... e (6) disse: Ecco, essi sono un popolo solo e hanno tutti un medesimo accento...niente ormai gli impedirà di condurre a termine tutto quello che hanno in mente di fare. (7) Orsù dunque, scendiamo e confondiamo quivi il loro accento, in modo che uno non comprenda l'accento del suo vicino. (8) Così il Signore li disperse sulla faccia della Terra ed essi cessarono di costruire la città (9) alla quale fu dato perciò il nome di Babele, perché là il Signore aveva confuso l'accento di tutta la Terra e da là il Signore li aveva dispersi sulla faccia di tutta la Terra.>


Incominciamo dalla fine: Babele, anche conosciuta come Babilonia, deriva dall'accadico "Bab-Ilu", ovvero "Porta di, o degli, Ilu", poi riadattato all'ebraico "Bab o Bav-El"; tradotto in italiano come "Porta di Dio, o del Signore".
Questo popolo, dunque migrando verso est, si stabilisce in una pianura. Precisamente nella pianura della regione di Sennaar. "Nasa" in ebraico significa "togliere le tende", nel senso di migrare. Da qui deriva Sennaar che è il nome israelita per indicare Babilonia. Qui, con mattoni cotti e bitume costruiscono una città e una torre che ha il cielo come cima, come segno di unione e fratellanza.
"La torre che tocca il cielo" è un progetto ambizioso per questi uomini che ricalca il concetto che noi tutti oggi possiamo carpire nel complesso della Ziqquràt. Ovvero il simbolo stesso di un uomo, nel senso generale, consapevole dei suoi mezzi e delle sue capacità. Un uomo che grazie al suo ingegno e alle conoscenze fisiche vuole costruire una struttura che possa raggiungere figuratamente il cielo (è chiaro che letteralmente non tocchi il cielo). Questa è la Ziqquràt Sumera; una costruzione imponente fatta di mattoni cotti capace di osare per sfidare gli dèi, avvicinandosi al cielo e raggiungendo alla notte quei misteriosi e affascinanti puntini che bruciano e ornano la volta. La Torre di Babele, infatti, dai Sumeri e dai popoli accadici in generale, dunque Assiri e Babilonesi in particolare, veniva chiamata "E-Temen-An-Ki"; "complesso dell'unione fra cielo e Terra".


Mentre questo popolo si accinge al finire la Torre, il Signore scende. Egli non è d'accordo, perché non vuole che esso - conduca a termine ciò che ha in mente di fare - Cosa aveva in mente questo popolo? voleva essere unito, coeso e in parte emancipato dalle divinità. E tutto ciò è contro il volere del Signore, il quale esige che essi vaghino per la Terra affinché la popolino tutta. Dunque SCENDONO, non scende, e CONFONDONO, non confonde, queste genti. Al fine di separarle e segregarle, cosicché da queste divisioni possano nascere diversi popoli.


Vi sembra famigliare? a scuola si studia che tale operazione politica veniva chiamata dai Romani "divede et impera"; dividi e comanda. Un unico popolo sarebbe stato impossibile da comandare se avesse avuto un'unanime volontà, in quanto ci sarebbe stato un continuo scontro duale, fra il Signore e il popolo stesso. Se invece i popoli hanno lingue diverse, hanno anche culture diverse, usanze diverse, territori diversi, possono farsi la guerra.








- Questa è la celebre interpretazione della Torre di Babele del pittore olandese del XVI secolo Pieter Bruegel, detto "Il Vecchio".
L'uomo barbuto con mantello, scettro e stivali dorati che trovate a sinistra, nella collinetta che affianca la Torre, è re Nemrod, il quale abbiamo visto essere uno dei figli di Cush, figlio di Cam, nipote di Noè. Questo, a mio parere, conferma la legittima regalità di Noè non menzionata nella Tanakh e riconosciuta nell'Atra-Hàsis. Come si dice gergalmente, infatti, chi nasce tondo, non può morire quadrato...


Porgo saluto, spero di essere stato chiaro ed esaustivo. Vi aspetto alla prossima puntata, nella quale parleremo della vocazione di Abramo che lo spinse fuori dalla Mesopotamia!

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